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Quando ero piccola, ero la persona più lontana dall’essere considerata secchiona: i miei voti non erano eccezionali, a volte matematicamente sotto la media.
E così, in una carriera scolastica che ora definirei mediocre, ripenso a ciò che ho scoperto ed imparato, a volte senza manifestarlo, e che mi ha resa sono ciò che sono: c’erano, tra i miei cavalli di battaglia, gli impressionisti ed il puntinismo, l’arte moderna e tutte le letterature, che di quelle non ne avevo mai e abbastanza; c’erano le poesie di Prévert, e quelle di Neruda, e Montale, che quante volte mi han fatta innamorare.
C’erano Queneau e Benni, e soprattutto, c’era e c’è sempre stato, Calvino.
Proprio a riguardo, mi ricordo che quando avevo meno anni di quel che si può pensare, lessi questa sua frase, molto famosa, che diceva “Prendete la vita con leggerezza, ché leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”.
Ero sicuramente troppo piccola per comprenderla, ma ne feci subito il mio baluardo: mi ero convinta che nella vita potessi essere leggera per essere profonda, che avrei potuto sorvolare i giorni, atterrare quando necessario, passare oltre quando non lo era affatto; sapevo, in cuor mio, che quella leggerezza me la sarei portata dietro, scudo per eccessivi sentimentalismi e ben celate preoccupazioni.
Per una appena accennata permalosità, ed una spensierata e perenne allegria.
E quindi, oggi, più che mai, se respiro, è grazie a Calvino, alle sue parole, e a quel modo di essere e di vivere che, anni fa, mi ha regalato.

Adele Chiabodo
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